#guida di Londra
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E dopo la Romania (e la Germania l'anno prossimo) possiamo dire che di sinistra ormai è rimasta solo la guida a Londra.
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Lei è Margaret. Lei è una signora distinta. È medico di base, vive nel Regno Unito, a nord di Londra. È il 1992. Parte per una vacanza in Marocco. Si affida a una guida. Sono in gruppo. La guida parla, racconta. Lei è incantata. Non ha mai sentito una voce così bella. Si volta. Lo osserva. I loro sguardi si incrociano. Si toccano. Lui è Oswald. Lui era un attore inglese. Ha girato film e serie tv. Lui ha prestato la sua voce al famoso annuncio “Mind the gap”, “Attenzione al vuoto”, che ricorda lo spazio fra treno e banchina nelle stazioni della metropolitana di Londra. Margaret e Oswald si amano. Vanno a vivere insieme. Si sposano. Vivono anni meravigliosi. È il 2007. Lui muore. Lei è persa. Sola. Il suo amore per Oswald era totalizzante. Ogni giorno Margaret esce di casa, va in stazione, si siede su una panchina e ascolta la voce del suo Oswald. Lui parla. Lei ricorda, rivive, sorride, si commuove. Se deve prendere un treno, aspetta quello successivo. La voce di Oswald le scalda il cuore. È il novembre del 2012. Margaret è seduta sulla panchina. Arriva il convoglio, accenna un sorriso pregustando il suono familiare delle parole del marito. Parte l’annuncio. Non è lui. Non è la voce di Oswald. È un suono quasi metallico. Impersonale. Anche le parole sono cambiate. Margaret scoppia in lacrime. È devastata. Si sente a pezzi. Il giorno dopo scrive una lettera ai gestori della metropolitana. Scopre che il vecchio annuncio è stato sostituito da uno digitale ricreato al computer. Margaret richiede una copia di quello registrato dal marito tanti anni prima. Vuole riascoltarlo a casa, ogni volta che ne ha voglia. Il direttore della Transport of London legge la lettera della signora Margaret McCollum. Rimane colpito. Emozionato. Regala la copia registrata alla donna, e ripristina l’annuncio originale nella stazione di Embankement. Ancora oggi, se vi capita di fermarvi in quella stazione di Londra, potete sentire la voce di Oswald Lawrence ripetere “Mind the gap”.
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Storia Di Musica #297 - Richard And Linda Thompson, I Want To See The Bright Lights Tonight, 1974
Nel 1972, quando abbandona i leggendari Fairport Convention, gruppo cardine della rivoluzione del folk sulla via della sua elettrificazione, ha poco più che venti anni. E già allora era unanimemente considerato un talento prodigio e cristallino. Abbandona un gruppo popolarissimo e autore di dischi capolavoro per seguire la sua visione di musica, una nuova via britannica al folk, che mescoli insieme il rock'n'roll con le cantate popolari dei secoli precedenti, strumenti ad arco con la sua fidata chitarra elettrica, dulcimer e fisarmoniche. Nello stesso anno pubblica il primo tentativo, Richard Thompson Starring As Henry The Human Fly, dove è aiutato da un pezzo dei Fairport (la voce inarrivabile di Sandy Denny e il basso-guida di Ashley Hutchings) dove sperimenta questo mix che è ancora acerbo, come la sua voce (nei Fairport non era il cantante principale) ma che ha le prime canzoni gioiello (The Angels Took My Racehorse Away, che stilla britishness in ogni nota) e le prime grandiosi ballate (The Poor Ditching Boy o l'altrettanto bella The Old Changing Way). Tra le coriste c'è una giovane cantante, con pochissima esperienza, Linda Peters: diventerà in pochi mesi la moglia di Richard e tutto è pronto per il primo disco da duo. Le premesse tuttavia non sono rosee per questo lavoro. Il precedente fu un mezzo fiasco commerciale e solo i buoni rapporti di Thompson con il boss della Island, Chris Blackwell, permisero la pubblicazione del lavoro. Che infatti fu registrato in pochissime sedute ai Sound Techniques studio nel quartiere di Chelsea a Londra, con l'aiuto dell'ingegnere del suono e comproprietario John Wood, per si dice un paio di migliaia di sterline per un paio di settimane nel Maggio 1973. Forse anche per questo il disco, che ha una sua aura tutta particolare, è dark e malinconico, ma di un fascino incredibile, che all'epoca fu del tutto ignorato (tanto che il disco fu pubblicato fuori dalla Gran Bretagna soltanto nel 1983, in uno dei picchi di fama di Richard e Linda) e da allora è considerato uno dei capolavori del folk rock britannico.
Linda ha una voce sorprendente e si lega magnificamente, in una sorta di incrocio fuoco e ghiacco, con quella ruvida e bassa di Richard. I Want To See The Bright Lights Tonight esce nell'Aprile del 1974, dopo quasi un anno dalle sessioni con Wood. le canzoni che lo compongono sono meravigliosamente dolenti, disegnando i contorni di una umanità stanca e disillusa, sofferente, quasi senza speranza. Si passa da ballate elettriche che sanguinano sofferenza come la spettacolare Calvary Cross, o l'altrettanto dolente When I Get To The Border, elegia di chi sta scappando dal brutto del mondo (A one way ticket's in my hand\Heading for the chosen land\My troubles will all turn to sand\When I get to the border). Sono canzone che parlano di alcool, come Down Where The Drunkards Roll, rifugio per lo stordimento. In Linda Thompson, Richard ha trovato una collaboratrice eccezionale e una cantante di livello mondiale; Linda possedeva una voce chiara e ricca come quella di Sandy Denny, ma con una forza che poteva facilmente sostenere il materiale spesso pesante di Richard, e si dimostrò capace di affrontare qualsiasi cosa le venisse presentata, dal country di Withered And Died fino alla parata di personaggi da circo di The Great Valerio, dal sapore brechtiano con una parte finale strumentale che ha il sapore di una composizione di Erik Satie. Thompson se nella canzone più dark del disco, The End Of The Rainbow è più desolatante che mai quando canta: Life seems so rosy in the cradle,\But I'll be a friend I'll tell you what's in store\There's nothing at the end of the rainbow\There's nothing to grow up for anymore, regala una speranza nella title track, cantata da entrambi, con il famoso riff rock'n'roll dei bei tempi e gli ottoni della CWS Manchester Band, all'epoca la più grande brass band del paese, perchè ci si può divertire con poco ogni tanto: Meet me at the station, don't be late\I need to spend some money and it just won't wait\Take me to the dance and hold me tight\I want to see the bright lights tonight.
Come accennato il disco venne quasi del tutto ignorato, tanto che l'anno successivo, nel 1975, Hokey Pokey è un disco decisamente più leggero e scanzonato, e la coppia tra alti e bassi continua a scrivere, a suonare e a fare concerti, riuscendo a garantirsi un certo seguito. Ma è il momento della riscoperta di questo capolavoro che è particolare: fu infatti ristampato appena dopo il loro nuovo capolavoro, Shoot Out The Light (1982), che anche nel titolo chiude un cerchio relazionale, dato che è l'ultimo come marito e moglie; è decisamente il più rock dei loro lavori, e racconta quasi come un film di Bergman la fine della loro storia d'amore, con l'aiuto decisivo in cabina di registrazione di Joe Boyd, grande talent scout e produttore dei Fairport Convention. In esso una canzone di Linda, drammatica nella sua bellezza, Walking On The Wire, dice:
Too many steps to take Too many spells to break Too many nights awake With no one else This grindstone's wearing me And your claws are tearing me Don't use me endlessly It's too long It's too long to myself.
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[✎ ITA] Dazed : JungkookOra Viaggia in Una Corsia Tutta Sua | 12.09.2023

Si Cambia Marcia
Jungkook Ora Viaggia in Una Corsia Tutta Sua
Quando Jung Kook si è addormentato al pc, quest'estate, sei milioni di fan sono rimastə a guardarlo.
Ora, dopo aver spalancato le porte del pop per gli artisti dell'Asia Orientale, ci sta guidando nella tana del coniglio con la sua 'sorprendente' nuova era solista.
__ di TAYLOR GLASBY | Twitter | 📽 Retroscena
Jungk Kook, uno degli idol K-pop più grandi al mondo, anzi, una delle pop star più grandi al mondo – punto - sta cercando di descriverci come funziona il suo istinto.“È un po' come...”, ma non conclude la frase, mentre giocherella con i due piercing sul lato destro delle sue labbra. La maglietta bianca rende ancor più vistoso il suo braccio tatuato. “Non credo sia descrivibile”
Poi ride, dandosi un leggero colpetto di palmo sulla fronte. “Non mi vengono brividi o niente del genere, ho semplicemente quella sensazione, del tipo, sono certo questo andrà bene, è la cosa giusta da fare.”
La prima volta che ha sentito “Seven” - il suo singolo di debutto solista dalle sonorità UK garage, che vede la partecipazione della rapper americana Latto - era, riflette, tipo marzo e lui se n'è immediatamente innamorato. “Abbiamo subito fissato una sessione di registrazioni [a Los Angeles] e poi una riunione per discutere il concept del video musicale. È filato tutto assolutamente liscio”, ricorda.
La traccia, rilasciata a luglio, ha trascorso diverse settimane nella classifica singoli sia in Regno Unito che in America (dove ha raggiunto la pos. n.1), e si è conquistata il titolo Spotify come brano più rapido nella storia – soli 6 giorni – ad aver raggiunto le 100 milioni riproduzioni. Su YouTube, il suo video musicale – cui ha partecipato anche l'attrice sud-coreana Han So-hee – è stato visto 39 milioni di volte in un sol giorno. L'unica altra occasione in cui ha avuto una reazione così viscerale riguardo una canzone, ci dice, è stato con “I Need U” (2015), il primo singolo tratto dal terzo, pluri-acclamato album dei BTS, The Most Beautiful Moment in Life Part 1, universalmente considerato come uno dei trampolini più importanti verso la fama globale del gruppo.
Jung Kook tiene gran conto di tutto ciò che è istintuale ed intangibile: il primo è ciò che guida il suo presente, mentre il suo futuro è nelle mani del secondo, o almeno per quanto riguarda la visione che ha di sé come artista. Ma su questo torneremo più tardi, perché Jung Kook – che ha da poco compiuto 26 anni, ma è incredibilmente popolare già da 10 anni – al momento è più concentrato sulla sua identità presente. “Credo di essere piuttosto aperto sotto il punto di vista emotivo”, dice. “Cambio in fretta. Quindi ciò che voglio fare devo farlo subito.”
La nostra conversazione avviene via Zoom, Jung Kook si trova in un'anonima stanza dell'enorme edificio che è il quartier generale della HYBE, a Seoul – la società multi-etichetta nata come Big Hit Entertainment nel 2005 e che, prima dei BTS, non aveva mai preparato un gruppo di idol K-pop. La settimana scorsa, Jung Kook era a Londra, e quella prima, a New York, alle prese con un raffreddore testardo che però è riuscito a nascondere alla grande, sotto la perfezione delle sue esibizioni in diretta televisiva.
Nello studio, a Nord di Londra, in cui si tiene questo servizio fotografico, Jung Kook è paziente ed accomodante, ma anche estremamente silenzioso, lo sguardo che segue il via-vai attorno a sé. Di natura è introverso e, ad occhio e croce, sul set ci sono 40 persone, metà delle quali sono parte del suo entourage, comprese le due guardie del corpo in completo. Gli occhi di tutti sono costantemente puntati su di lui, attenti ad ogni sua mossa, fino al minimo spostamento di capelli, piega nei vestiti o cambio d'espressione. Dev'essere davvero estenuante. Un membro del suo staff scrolla le spalle e, sorridendo, commenta, “Ci è abituato.”


Tra uno scatto e l'altro, Jung Kook viene a salutarci. Ci eravamo già incontrati nel 2018, quando il successo dei BTS era sul punto di diventare stratosferico, quando stavano per passare dai concerti nelle arene agli stadi sold out. Già allora, era silenzioso, sebbene emanasse piuttosto una inquieta insofferenza, sia fisica che mentale. Ha ancora un po' di quella smania interiore, di cui non sembra in grado di disfarsi, ma la cosa è mitigata da una nuova baldanza e sicurezza di sé che, ci dice, non crede di avere mai avuto prima. Tratti questi che incarna da sempre sul palco, ma che solitamente non lo accompagnano nel quotidiano: “Quando salgo sul palco, tutti i pensieri e le emozioni vaganti, si spengono”, confida, e si è sempre esibito talmente tanto, che il divario tra questi suoi due mondi non sembrava poi così vasto.
Finché la pandemia non ha reso necessaria la cancellazione del Map of the Soul tour dei BTS, nel 2020, Jung Kook non aveva fatto che viaggiare in giro per il mondo con il gruppo, fin dal 2014. Tra il 2021 e il 2022, i BTS hanno tenuto concerti a Seoul, Los Angeles e Las Vegas, prima di annunciare una pausa temporanea nell'ottobre 2022, con l'intenzione di permettere ai 7 membri di sperimentare cose nuove attraverso progetti personali e, come da obbligo per tutti gli uomini sud-coreani, svolgere 18 mesi di servizio militare. Questo intervallo ha permesso a Jung Kook di disfare alcuni dei suoi nodi, dandogli così l'opportunità di affrontare i suoi attriti interiori, tra i quali troviamo quella che lui descrive come “pigrizia”, che - fino a quel momento lasciata incontrollata – aveva smorzato un po' le sue ambizioni e spirito competitivo. “È una cosa che non mi è mai piaciuta di me”, dice Jung Kook. “Credo fosse proprio per quello che non avevo autostima.” La soluzione, però, non è stata disfarsene, ma cercare di guardare a se stesso sotto una luce diversa. “Da quando ho cambiato prospettiva, ho scoperto di avere molti più tratti positivi. Invece di rimpiangere le opportunità mancate e colpevolizzarmi per questa pigrizia, invece di pensare ‘Perché non l'hai fatto quando ne avevi la possibilità’, ho deciso di accettarmi per quello che sono e di concentrarmi su ciò che sono in grado di fare. Fare le cose seguendo i miei ritmi è sicuramente un vantaggio. E se ho voglia di restare a letto o guardare la TV tutto il giorno, perché non spendere la giornata proprio così?”
Questo ha creato una sorta di effetto domino, permettendogli di comprendere meglio ciò che fa e come approcciarvisi. “Voglio diventare un cantante famoso, popolare, e per riuscirci devono esserci sintonia ed interazioni tra l'artista e le/i fan. Devi saper dare amore ed accettarlo. Tuttavia, non potevo che domandarmi e chiedere alle/gli ARMY ‘Perché mi date così tanto amore? Perché mi volete bene?’. Credo fossi davvero desideroso d'amore e sicuramente non lo do per scontato”, confida Jung Kook. “Sono sempre stato estremamente grato per l'affetto che ricevo, ma ad un certo punto ho imparato anche ad accettarlo, con molta umiltà. E forse sarà perché è trascorso altro tempo, ma trovo che ora sia il contrario: dato che ricevo così tanto amore e supporto dalle/i fan, vorrei tuttə loro fossero più sicurə di sé, che avessero più autostima, grazie a me. Ecco perché cerco sempre di fare del mio meglio.”
Una cosa che le/gli ARMY ripetono da lungo tempo è "i BTS hanno aperto/spianato la strada (BTS paved the way)". Specialmente in America, il gruppo ha spalancato porte che fino a quel momento erano appena appena socchiuse per gli artisti asiatici. La loro ascesa al successo è stata talmente intensa, veloce ed inaspettata che l'industria dell'intrattenimento statunitense, presa alla sprovvista, è riuscita a mala pena a rispolverare i ricordi della Beatlemania, sostituendola con ‘BTS-mania’. Il successo del gruppo è fatto di un trionfo epocale dopo l'altro, i quali hanno fruttato ai BTS 5 nomination ai Grammys e vendite album globali che si attestano approssimativamente intorno alle 105 milioni unità.
Nel corso degli anni, Jung Kook ha parlato con moltissimə ARMY e ora comprende alla perfezione per quale motivo il gruppo sia così amato dalla gente, qualunque sia la loro lingua, età, gender o provenienza.“I messaggi trasmessi dalle nostre canzoni e performance sono di conforto”, dice. “Credo la nostra musica abbia ampliato e diversificato i gusti musicali di chi ci ascolta, e culturalmente la diversità è importante.” Ma il cantante attribuisce il merito dei confini abbattuti anche agli sforzi fatti dalle/i loro fan per diffondere la musica dei BTS e “quella dei tanti artisti coreani che si esibiscono sui palchi di tutto il mondo, nonché le personalità [coreane] appartenenti al mondo del cinema, della TV e della moda. Non ci siamo solo noi.”
A dispetto dell'enorme influenza ed impatto di Jung Kook in quanto artista e superstar – prendiamo, ad esempio, le mega collaborazioni pubblicitarie come quella con Calvin Klein; il modo in cui tutto ciò che usa e – per caso – mostra alle/i fan va immediatamente esaurito, che si tratti di ammorbidente o kombucha; o dei tatuaggi ispirati ai brani solisti dei BTS, come “Euphoria”, sfoggiati con orgoglio dalle/gli ARMY – il suo portamento è modo di fare è molto terra terra e modesto. Jung Kook ha debuttato quando aveva 15 anni, e sebbene la cultura pop non sia sempre pietosa nei confronti delle star così giovani, lui è cresciuto sotto lo sguardo attento dei suoi compagni di gruppo, i quali hanno saputo metterlo in riga, quando necessario. Jung Kook è premuroso, sempre educato, curioso e dotato di un umorismo sbarazzino. Quando ha registrato “Seven” con gli autori/produttori Andrew Watt e Cirkut, non vedeva l'ora dare il meglio con un genere in cui non si era ancora mai cimentato, era visibilmente agitato di fronte al microfono ma anche visibilmente felice per tutti i complimenti ricevuti.

“Voglio provare quanti più generi musicali possibile, per vedere che tipo di musica posso creare con la mia voce”, commenta. Ma il successo del suo singolo di debutto solista, aggiunge, non andrà in alcun modo ad influire sul sound delle sue prossime canzoni. “Quando sento della musica che mi piace, ci lavoro su, qualsiasi sia il genere. Sono felice che la gente pensi ‘Oh, se la cava in tutti i generi’, sì, mi diverte sorprendere il pubblico.”
Fino ad un paio di anni fa, il cantante era solito eliminare quasi tutto ciò che scriveva. Ripensando a quel periodo, sorride, la luce che si riflette sui suoi orecchini. “Sto cercando di liberarmi di quell'abitudine, scrivere canzoni e poi cestinarle, ma quando riascolto tracce composte in passato, il me stesso di adesso non è molto soddisfatto. Se non è perfetto, preferisco non rilasciare nulla, ed evidentemente quei brani non mi sembravano un granché; ecco perché cancellavo tutto.”
Finché i BTS non si riuniranno, i limiti che Jung Kook vorrebbe superare sono i suoi personali. A settembre dello scorso anno, ha scritto una lettera che poi è stata inclusa nella Collector's Edition di Proof, dei BTS, e in un estratto da questo messaggio leggiamo: “Continuo a vivere con la convinzione che il protagonista della mia vita non sia altri che me. Ovunque io mi trovi e chiunque io abbia attorno, desidero pormi in primo piano, senza lasciarmi condizionare e con la certezza data dall'autocontrollo. È qualcosa che cerco di non dimenticare mai.” (tra parentesi, non c'è nessun accordo esplicito per cui Jung Kook debba filmare a petto nudo, per la sua copertina di Dazed; nessuno degli abiti a sua disposizione contemplavano espressamente questa possibilità, ma quando Jung Kook emerge dai camerini, è a torso nudo sotto una giacca di pelle nera. È lui ad aver deciso come vestirsi. Silenzioso, va a sedersi al volante di una Mercedes-Benz d'epoca, gli addominali definiti, e guarda fisso in camera, allettante.)
Jung Kook, il membro più giovane dei BTS, sa bene che la sua immagine da coniglietto nonché piccolino del gruppo è ancora predominante. “So che vi piace molto”, ha detto alle/i fan quando era a Londra, durante uno dei suoi frequenti live stream. “Poniamo che sia qualcosa che piaccia di me. Se dovessi solo sempre seguire quell'immagine, come potrei cambiare? Questo sono io, è la mia vita. Voglio cambiare. Voglio dire alle persone che mi vogliono bene, ‘io sono così’. Non siete obbligatə ad apprezzarmi. Sono sempre alla ricerca di cose nuove. Voglio creare qualcosa di nuovo e divertente. Ma vorrei anche le/gli ARMY mi accettassero per come sono.” Nella stessa occasione, ha anche risposto alle persone che gli chiedevano perché avesse pensato di includere una versione esplicita di “Seven”, in cui i versi “Ed è per questo che, notte dopo notte, ti amerò con passione” diventano “Ed è per questo che, notte dopo notte, ti scoperò con passione”. “Se tu l'hai percepita come volgare”, ha detto, “io cosa ci posso fare?... E poi, pensateci, quanti anni ho?”
Nel corso degli ultimi anni, Jung Kook ha iniziato a praticare pugilato, si è fatto piercing alle sopracciglia e sul labbro e ne ha aggiunti anche alle orecchie. Si è lasciato crescere i capelli ed è pesantemente tatuato. “Mi piacciono le cose un po' estreme”, confessa ridendo. “Tutti mi dicono sempre che sembro tondo e pacioccoso. Mentre io vorrei un'immagine più tagliente e d'impatto.” Il suo singolo di debutto solista, dice Jung Kook, “non era un tentativo di distanziarmi dalla mia immagine”. Ma crede questa sua evoluzione sia già iniziata e che “Seven” rispecchi quello che è ora. Ecco perché, durante quella fatidica diretta Weverse, è stato risoluto e schietto. “Ci tenevo a mostrare quanto sono maturato, anche come artista solista, ed il modo per farlo è accettare nuove sfide”, ci spiega Jung Kook “non restare nella mia bolla o accontentarmi di ciò cui sono abituato. Volevo essere molto onesto e chiaro a riguardo con le/i mie/i fan.”
E questo bisogno di trasparenza ed onestà nasce proprio dal profondo legame emotivo che Jung Kook condivide con le/gli ARMY. Quando ne parla, i suoi occhi si illuminano. “Quando penso alle/gli ARMY o ne sento la mancanza, attacco una diretta e passo un po' di tempo con loro”, racconta. Solo quest'anno, ha fatto 2 dozzine di live stream sulla piattaforma creata dalla HYBE, Weverse, principalmente da camera sua o dal salotto di casa, e spesso in piena notte, trascorrendo ore ed ore a rispondere ai commenti più disparati, sia seri che divertenti. In queste live, lo vediamo cantare, cucinare, bere, persino piegare la biancheria. A giugno, Jung Kook si è addormentato a metà di uno stream e 6 milioni di persone sono rimaste a guardarlo per circa 45 minuti, finché un membro dello staff, accortosi della cosa, ha staccato la diretta da remoto.
Quando le/gli ARMY gli dicono di andare a dormire o di non bere troppo, Jung Kook rifiuta con garbo, ma “lo dicono soltanto perché sto loro a cuore e mi vogliono bene, quindi non mi dà alcun fastidio”, confida. Quando le/i fan lo aspettano presso la palestra o gli mandano del cibo a casa, Jung Kook – con educata fermezza – chiede loro di smetterla. “Non è un rapporto poi così complicato. Io parlo loro apertamente e le/gli ARMY possono fare lo stesso con me, sta a me scegliere se ascoltarlə oppure no. Se dicono qualcosa di inappropriato, anche in quel caso è una mia scelta, sono libero di accettarlo o ignorarlo.”

In un'intervista del 2021 con Vogue Korea, Jung Kook si è descritto come un esagono grigio (“un colore neutro, che non si è ancora evoluto in nulla”) e crepato che vorrebbe essere perfetto, nonché una persona che aspira a “vette più alte”. Ma l'ha detto con freddezza, e con un pizzico di speranza, perché questo pensiero lo motiva a fare di più. Nel suo vocabolario – ora come allora - ‘di più’ significa “diventare un cantante migliore, più figo”, ci dice con passione. “Personalmente, non credo d'essere il cantante che volevo diventare, non rispecchio l'immagine che mi ero fatto di un cantante, ecco perché voglio di più.”
Ma quel ‘di più’ è tuttora un mistero, perché fa parte di un futuro che Jung Kook considera ancora intangibile, fatto di sensazioni più che di obiettivi chiari. L'artista non sa spiegare quale sia effettivamente l'immagine cui vorrebbe assomigliare: “Non ne sono ancora sicuro, ma ho questa sensazione, so che c'è qualcosa.” E indica un punto imprecisato a mezz'aria con l'indice. “È proprio lì, lo so. Solo che non ci sono ancora arrivato.”
Al Jung Kook del 2023 va bene non avere ancora un'idea chiara. Cerca di vivere al presente e di non complicarsi l'esistenza, anche se è più facile a dirsi che a farsi. “Non pensarci affatto è impossibile”, sospira. “Sapete la sensazione di quando torna in mente qualcosa e non si riesce a smettere di pensarci e si finisce sempre più in un buco senza ritorno? Potrebbe anche risultare in qualcosa di positivo ma io, a volte, mi lascio trascinare da pensieri negativi. Però, ora che mi sento più sicuro di me, sono più le volte che riesco ad escludere il pessimismo, che il contrario.” E, nelle occasioni in cui, appunto, si esercita a trovare pace mentale, riesce a “preoccuparmi meno per ciò che deve ancora accadere, e mi dico, ‘E anche non dovessi riuscire a rispecchiare le mie aspettative?’”
Ma in fondo in fondo, Jung Kook – che sta lavorando a nuova musica in previsione di un album solista – sa quanta strada ha già fatto. “Ho seguito il mio istinto [per il mio singolo di debutto solista], chiedendomi, ‘Così facendo, riuscirò ad arrivare al pubblico? A tante persone?’ E credo di aver avuto la mia risposta, di aver dimostrato di potercela fare.” E ora, invece d'essere quell'ambiguo esagono grigio, Jung Kook – che sorride del sorriso più grande il suo viso possa ospitare – confida, “Preferirei essere bianco, così da potermi colorare di qualsiasi sfumatura io desideri.”

Estratti extra non inclusi nell'articolo finale | by Taylor Glasby
In un'intervista del 2021, ti sei descritto come un esagono grigio. . .
JungKook: Ricordo d'aver detto d'essere un esagono grigio e crepato, e credo quelle crepe, ora, siano state colmate perché sono più sicuro di me.
(ride) In realtà, no, non penso siano ancora del tutto sparite.
Non è qualcosa che vale per tutti? Abbiamo tutti dei difetti.
JungKook: Non credo riuscirò mai a colmare quelle lacune, nel corso della mia vita.
Provi attaccamento rispetto le tue cose? Ad esempio, ti affezioni spesso a cose come vestiti o libri...?
JungKook: Sono solito regalare cose, come oggetti di elettronica o vestiti, alla mia famiglia o alle persone più care. Ma non provo un attaccamento particolare per le mie cose.
Immagino ti adorino per questo...
JungKook: Mi chiamano “l'angelo delle donazioni” (ride).
⠸ Ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
#Seoul_ItalyBTS#Traduzione#TradITA#ITA#Intervista#BTS#방탄소년단#Jungkook#전정국#Jungkook_Seven#SEVEN#DAZED#120923
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JULIEN GREEN: “PARIGI”
Ci sono libri che avremmo potuto scrivere noi, ne siamo convinti tutti, solo che li hanno scritti altri e, forse, questa convinzione è dovuta al fatto che in realtà convivono nella nostra mente gli echi dei tanti libri letti. Mi è capitato di provare questa sensazione dopo le prime due o tre pagine di “Parigi” di Julien Green. Parigi è da sempre una città narrata, filmata, raccontata, cantata attraverso i secoli , come poche altro città lo sono state: forse solo New York e Londra hanno avuto la stessa “fortuna narrativa”. Il libro è semplicemente un atto di amore incorruttibile ed eterno per Parigi. “…Avevo affisso al muro una mappa di Parigi, che catturava lungamente il mio sguardo e quasi a mia insaputa mi erudiva. Scoprii che Parigi aveva la forma di un cervello umano…” Julien Green tratta Parigi con lo stesso approccio che fu dei surrealisti. Più di un passo, di questo prezioso volumetto edito da Adelphi, sembra attingere al patrimonio della letteratura surrealista, a cominciare dallo strabiliante “Nadja” di André Breton fino al mirabolante “Le Paysan de Paris” di Louis Aragon. È proprio l’anima del vero flâneur che anima tutto il volume e basta la lettura di qualche pagina per rendersene conto “…Chi non ha perso tempo in una città non può certo pretendere di conoscerla bene. L’anima di una metropoli non si lascia cogliere tanto facilmente per entrare in comunicazione con lei bisogna essersi annoiati, avere un po’ sofferto nei luoghi che la delimitano…” Parole di questo tenore sono proprie solo di pochissimi autori, legati alla città da un cordone ombelicale mai reciso. Il lettore di questo libro non può avere con l’autore che la stessa affinità elettiva, perché Parigi richiede una dedizione totale, non uno sguardo da turista e questa non è una guida turistica. Basta leggere “Le alture del Sedicesimo” (ove sedicesimo sta per XVI Arrondissement), dedicato al quartiere di Passy (per intenderci quello che inizia sotto il Ponte di Bir Hakeim, dove l’urlo di Marlon Brando squarciava la quiete parigina).La descrizione della Rue de Passy ha molto a che fare con le meraviglie del “paesano” paragonata ai “passages” dove provare la “vertigine del moderno”: il vinaio Nicolas, la pasticceria Coquelin, gli sguardi che i garzoni lanciano ai polpacci delle massaie, la Rue Raynouard, tutto ciò non può nascere da una semplice ammirazione per la città, nemmeno da un amore per la città, ma può nascere solo da una devozione per Parigi che è di molti, ma non di tutti. La stessa cosa può dirsi per le scorribande sentimentali di Julien Green nei giardini del Palais Royal, “uno di quei luoghi dove aleggia un non so che di misterioso, più facile da percepire che da dire”, scrive l’autore preso ormai dal feticismo più sfrenato: “La mia mano sfiorò una delle colonne bianche (…) Come in preda ad una allucinazione, infilai il viso tra le sbarre della cancellata le cui punte di lance dorate brillavano contro un cielo minaccioso…” Evitate di leggere un libro così se non l’amate come l’amo io, potrebbe deludervi perché leggereste un libro su una città e non su “la” città. Curiose coincidenze: lo scorso anno, proprio in queste settimane lessi “Paris s’il vous plaît” (Einaudi). Ecco, la giovane autrice romana, tra i contemporanei, è quella che maggiormente sembra essere sulla stessa lunghezza d’onda con libri simili a questo, dove la bellezza di Parigi si rivela in tutta la sua convulsività e vale la pena ricordare che come scrisse Breton “La beauté sera convulsive ou ne sera pas.”

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Mentre Trump e la sua cerchia umiliano Zelensky con frasi degne di un reality show, la Gran Bretagna risponde con gli atti concreti. Al numero 11 di Downing Street, il Cancelliere dello Scacchiere Rachel Reeves ratifica un nuovo pacchetto di aiuti da 2 miliardi e 260mila sterline in aggiunta ai 3 miliardi annui già concordati, forniture militari e l’addestramento del personale militare (ad oggi l’Uk ha addestrato 51mila soldati ucraini).
Poi arriva l’affondo del ministro degli Esteri James Cleverly, con parole che sono una lezione di dignità e moralità e un messaggio a chi di dovere:
“Anche se il Regno Unito dovesse essere l’unico paese al mondo a sostenere l’Ucraina, dovremmo continuare a sostenerla. Sono la prima linea della nostra difesa. I loro figli e le loro figlie combattono e muoiono per la nostra libertà. Dovremmo ringraziarli.”
La differenza tra lo statista e il bullo sta tutta qui. Uno guida con dignità e rispetto, l’altro si circonda di una gang di ricattatori ed estorsori.
E certo, l’Uk non avrà la potenza militare degli USA ma ha una dignità e non si tira indietro. Non tratta Zelensky come un mendicante, tentando di umiliarlo e sminuendo la sua lotta, lo accoglie come un capo di Stato.
Dimentichiamo la Casa Bianca, ridotta a un covo di mafiosi, dove il sostegno viene concesso solo in cambio di sottomissione, dove gli alleati non sono partner ma pedine da usare e insultare a piacimento e chi non si inginocchia viene umiliato.
Qui siamo a Londra: qui non si mercanteggia con la libertà. Qui la politica è ancora una questione di principi
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Di Nunzio Ingiusto Da non perdere il concerto del Trio Hermes il prossimo 20 gennaio all'Istituto italiano di cultura di Londra. Trio Hermes a Londra per suonare "Note d'amore" all'Istituto di cultura È reduce da concerti in tutto il mondo e nelle sedi più prestigiose - da ultimo, a dicembre, alle Scuderie del Quirinale - il Trio Hermes, il bellissimo progetto di musica da camera italiano che riscuote sempre grandi successi e che il prossimo 20 gennaio, alle ore 18:30, sarà all’Istituto Italiano di Cultura di Londra per un concerto pensato appositamente per la capitale britannica: “Note d’Amore”. Il Trio ha ideato un progetto, di propria esclusività, dedicato alla musica da camera di Robert Schumann, strutturato in più concerti ed in varie formazioni cameristiche di Duo, Trio, Quartetto e Quintetto, grazie alla collaborazione con artisti di fama internazionale. Il Trio Hermes è formato da Ginevra Bassetti, Violino, Francesca Giglio, Violoncello, e Marianna Pulsoni, Pianoforte, e si è presto imposto all’attenzione del panorama musicale nazionale ed internazionale, affrontando lo studio del repertorio sotto la sapiente guida del Trio di Parma e Pierpaolo Maurizzi, proseguendo poi il percorso di studi presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, nella classe di Musica da Camera del Maestro Ivan Rabaglia. Da non perdere il concerto del Trio Hermes il prossimo 20 gennaio all'Istituto italiano di cultura di Londra.Il programma del concerto del 20 gennaio prevede l’esecuzione di due brani assai differenti del repertorio per trio con pianoforte, il primo composto da Robert Schumann e il secondo da IIdebrando Pizzetti. Se nel primo brano possiamo riscontrare tutte le caratteristiche del romanticismo tedesco, il rigore della forma che sembra voler contenere il pathos e l’energia espressiva viscerale e profondissima, nel secondo la libertà nella forma e nell’invenzione aderisce perfettamente alla natura rapsodica e caleidoscopica del materiale musicale, intriso di richiami all’infanzia e al gioco, ma anche al lirismo appassionato tipicamente italiano. Nonostante la diversità di stile e carattere i brani sono accomunati dallo spirito che pervade entrambi i compositori nel momento della creazione: Schumann parla di “gioia” compositiva sia nel momento dell’ideazione (“è il mio trentasettesimo compleanno, sono felice con Clara (…) e sto pensando di scrivere un trio”) che nella sua stesura finale (“ho finito il trio – gioia”); Pizzetti compone il Trio nell’anno che lo vede sposare la sua amata “Rirì”, che è anche dedicataria del pezzo. Ecco il Programma del concerto del Trio Hermes – R. Schumann Piano Trio n.1 op.63 in Re minore. – I. Pizzetti Piano Trio in La Maggiore. Durata complessiva: 60 minuti ca. Per assistere al concerto è necessaria la prenotaziona QUII Trio Hérmes Bio ... Continua a leggere su
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Edoardo Zollo: Psicologo italiano esperto a Londra specializzato in terapia individuale e di coppia
Edoardo Zollo è uno psicologo italiano altamente qualificato a Londra, che offre servizi terapeutici esperti per individui e coppie. Specializzato in terapia individuale e terapia di coppia, Zollo fornisce supporto personalizzato per aiutare i clienti a superare le sfide emotive, migliorare il benessere mentale e migliorare le relazioni. Con il suo approccio compassionevole e basato sull'evidenza, Zollo guida i clienti verso una guarigione duratura e una crescita personale. Che tu stia cercando aiuto con ansia, depressione o problemi relazionali, la sua esperienza lo rende una scelta affidabile per chi ha bisogno di supporto psicologico professionale a Londra.
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🇷🇴⚽️ La Roma in crisi! Juric resta, ma la fiducia è appesa a un filo. 🧵 I Friedkin riflettono sul futuro: confermare il mister o cambiare rotta? Sfide cruciali in arrivo: Europa League e Bologna. Il calendario è una montagna da scalare! 🏟️🔥 #ASRoma #ForzaRoma #fantacalcio #cfp #cassinafantapro
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Maria Spiridonova

Maria Spiridonova, rivoluzionaria russa dalla volontà inossidabile, ha trascorso la maggior parte della sua vita in esilio e in carcere, sia sotto il regime zarista che sotto quello sovietico.
Assieme ad Aleksandra Kollontaj, è stata l’unica donna a svolgere un ruolo davvero di primo piano durante la rivoluzione.
Nata a Tambov il 16 ottobre 1884, in una famiglia nobile di provincia che le aveva permesso di istruirsi, era anche a studiare odontoiatria a Mosca prima che la morte del padre e la tubercolosi che l’aveva afflitta, la costrinsero a tornare a casa e cercarsi un impiego.
Si era avvicinata al Partito Social Rivoluzionario sin da giovanissima e aveva preso parte alle giornate social rivoluzionarie del 1905 che l’hanno vista andare in prigione per la prima di tante volte.
La repressione di quei moti fu brutale e compagni di lotta furono spietatamente massacrati dai cosacchi.
Aderì, per questo, all’ala combattente del PSR per eliminare uno dei responsabili della sicurezza che aveva represso nel sangue gli scioperi agrari. Dopo averlo seguito per lungo tempo, travestita da studentessa, gli aveva sparato cinque colpi di pistola che lo avevano ammazzato.
Arrestata, subì torture e sevizie da parte delle forze dell’ordine senza mai rivelare i nomi dei suoi complici. Venne condannata a morte con sentenza poi commutata nei lavori forzati a vita in Siberia.
La sua lettera, pubblicata sul giornale liberale di San Pietroburgo Rus’, in cui raccontava dell’orribile trattamento ricevuto, scosse l’opinione pubblica progressista che la trasformò in un’icona del movimento rivoluzionario.
Un vero e proprio culto si diffuse per la Russia, i contadini di Tambov offrivano preghiere per la sua salute, il suo ritratto si trovava nelle case accanto alle icone sacre e intere folle si radunavano per vederla passare durante i trasferimenti in treno da un carcere all’altro. Addirittura a Londra, venne raccolto un cospicuo fondo destinato a finanziare la sua possibile fuga dalla prigione.
Dopo dieci anni di detenzione, insieme ad altre cinque rivoluzionarie, il cui gruppo è passato alla storia come šestërka (il sestetto), venne liberata nel 1917, in seguito all’amnistia decretata dopo la rivoluzione di febbraio.
Diventata delegata al Terzo Congresso Nazionale del partito, si era schierata con l’ala sinistra estrema che si alleò brevemente con i bolscevichi dopo la rivoluzione d’ottobre.
Figura di primo piano in politica, grazie al suo carisma, alla sua fama e alle sue abilità oratorie, venne eletta nel Soviet locale e nel Comitato Esecutivo dei soviet contadini.
In rottura col PSR di cui criticava la presenza nel governo borghese provvisorio, aveva fondato il Partito Social Rivoluzionario di Sinistra (PLSR) che rimase nel II Congresso dei Soviet.
Gli argomenti che portava avanti erano: fine della guerra, terra ai contadini, abolizione della pena di morte e potere ai Soviet, e le propagandava con efficacia nei periodici sui quali scriveva come Terra e libertà, La bandiera del lavoro e Il nostro cammino.
Nel novembre del 1917 venne eletta Presidente del Congresso dei Deputati dei Contadini, determinando l’ingresso del soviet contadino nel Comitato Esecutivo Centrale Panrusso saldamente in mano ai bolscevichi. Il fatto che Lenin avesse riconosciuto che il Decreto sulla terra del 26 ottobre 1917, fosse un progetto fortemente voluto dai socialisti rivoluzionari di sinistra fu sufficiente per convincerla a trovare un accordo di governo con i bolscevichi.
Era stata la candidata della sinistra alla presidenza dell’Assemblea costituente, insediatasi il 5 gennaio 1918, ma venne sconfitta dal centrista Cernov.
Era stata alla guida della Sezione contadina per poi far parte del Comitato Rivoluzionario di Difesa di Pietrogrado.
La rottura definitiva con Lenin avvenne in seguito alle requisizioni forzate di derrate alimentari nelle campagne, autorizzate dal governo, compiute tra abusi e violenze sui contadini.
L’opposizione divenne crescente e il 6 luglio 1918 due militanti socialrivoluzionari uccisero l’ambasciatore tedesco Mirbach-Harff. Lei si assunse subito la responsabilità politica dell’atto e il 7 luglio il PLSR tentò una insurrezione contro i bolscevichi, arrivando ad arrestare per poche ore il capo della Ceka.
A capo della rivolta, si presentò al teatro Bolshoj, dove si stava svolgendo il Congresso dei Soviet, per pronunciare un discorso di attacco al regime bolscevico in difesa della creatività rivoluzionaria delle masse. Lenin la fece nuovamente arrestare.
Condannata a un anno di carcere e amnistiata poco dopo, aveva continuato la sua attività politica, cercando di riunire il partito. Accusava i bolscevichi di aver delegittimato i soviet imbrigliandone la libertà e di aver tradito gli ideali di emancipazione della Rivoluzione d’Ottobre.
Nel febbraio 1919 fu nuovamente arrestata, dichiarata inferma di mente e rinchiusa in una caserma-ospedale del Cremlino da dove di lì a poco fuggì, iniziando una fase di clandestinità spacciandosi per una contadina.
Il 6 ottobre 1920 la Ceka la arrestò nuovamente, scovandola in un appartamento malata di tifo. Venne sottoposta, per volere di Trockij ad un regime carcerario piuttosto duro, per poi essere trasferita in un istituto psichiatrico, venendo liberata l’anno successivo e affidata alla custodia dei vertici dell’ex PLSR fedeli alla linea bolscevica, purché non si occupasse più di attività politica.
Nel 1923, probabilmente per un tentativo di fuga all’estero, venne nuovamente arrestata e mandata in esilio alle periferie dell’Unione Sovietica, a Samarcanda e poi a Tashkent.
Non svolse più attività politica ma creò una rete di contatti per aiutare gli ex compagni esiliati a vivere dignitosamente.
In questo periodo sposò Andreij Majarov, ex dirigente social rivoluzionario anche lui al confino.
Con l’inasprirsi delle purghe staliniane, venne esiliata a Ufa, in Bashkiria, dove lavorava nella banca agricola locale e organizzava un piccolo collettivo casalingo con il consenso del ministero dell’interno.
Nel 1937, con le nuove purghe venne nuovamente arrestata e fu portata a Mosca nella prigione di Oriol per scontarvi 25 anni di carcere, dopo un processo sommario con l’accusa di cospirazione, attività controrivoluzionarie e sovversive per costruire una Repubblica Social Rivoluzionaria in Bashkiria.
L’11 settembre 1941, Stalin la fece fucilare insieme ad altri 150 prigionieri politici e seppellire in una fossa comune.
Ultimo oltraggio per lei che, fino all’ultimo, si era sempre dichiarata contraria alla pena capitale.
È stata una donna pronta a tutto per difendere i suoi ideali.
Ha passato più di trent’anni, dei cinquantasei vissuti, in carcere o in esilio. Sempre di salute cagionevole, non si è risparmiata nel suo attivismo.
Ha guidato le folle con i suoi discorsi e i suoi scritti. È stata osannata come una martire. È stata accusata di essere pazza e, infine, ammazzata.
Soltanto nel 1992 sono cadute tutte le accuse nei suoi confronti ed è stata completamente riabilitata.
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Bayesian, chi sono le vittime dell'incidente: dal magnate Mike Lynch e la figlia al cuoco e l'avvocato Chris Morvillo con la moglie Il magnate Mike Lynch, Jonathan Bloomer, sua moglie Anne Elizabeth Judith Bloomer, l'avvocato Chris Morvillo e la moglie Neda e il cuoco del veliero, Recaldo Thomas. Sono loro le vittime accertate nel naufragio della barca a vela Bayesian affondata all'alba di lunedì mentre si trovava in rada a Porticello, nel Palermitano. Imprenditori, legali, presidenti di aziende, sul veliero hanno perso la vita dei personaggi illustri. Continuano le ricerche della figlia di Mike Lynch, Hannah, ma la speranza di trovarla viva è ormai nulla. I corpi finora recuperati sono stati trasferiti al cimitero dei Rotoli, dotato di celle frigorifere. Le autopsie, che saranno disposte nei prossimi giorni dalla Procura di Termini Imerese, saranno eseguite all'Istituto di Medicina legale del policlinico di Palermo. L'ultimo corpo ritrovato senza vita è stato quello di Mike Lynch, proprietario del veliero. Non è stata ritrovata, invece, sua figlia 18enne Hannah Lynch. Nato il 16 giugno 1965 in Irlanda e cresciuto vicino a Chelmsford, nell'Essex, dove sua madre lavorava come infermiera e suo padre come vigile del fuoco, Michael Richard Lynch ha studiato fisica, matematica e biochimica all'Università di Cambridge, dove ha ottenuto un dottorato in ingegneria e specializzandosi nel riconoscimento di pattern adattivi. La sua tesi di dottorato è, scrive il Guardian, uno dei pezzi di ricerca più letti nella biblioteca universitaria. Bayesian, recuperato il quinto corpo: è il magnate Mike Lynch, ora si cerca la figlia Hannah Dopo aver lanciato alcune delle prime start-up tecnologiche, tra cui una specializzata in software per il riconoscimento automatico di targhe, impronte digitali e volti per la polizia, nel 1996 ha creato "Autonomy Corporation", una delle più importanti aziende nel campo del software per la gestione delle informazioni aziendali. Autonomy si specializzava in software per il recupero di dati, analisi e gestione delle informazioni non strutturate. Il suo software veniva utilizzato dalle aziende per analizzare enormi quantità di dati e doveva in parte la sua efficacia all'inferenza bayesiana, una teoria statistica ideata dallo statistico, filosofo e ministro presbiteriano del XVIII secolo Thomas Bayes. Autonomy è stato un successo commerciale quasi immediato. La società è stata quotata a Bruxelles nel 1998 e la rapida crescita, unita al boom delle dotcom, ha portato Autonomy alla Borsa di Londra dove è entrata a far parte del FTSE 100 delle principali società quotate nel Regno Unito. L'azienda creata da Lynch impressionò la Hewlett-Packard a tal punto da spingerla a pagare più di 11 miliardi di dollari per acquistarla nel 2011, ma solo un anno dopo venne svalutata a 8,8 miliardi di dollari dopo la scoperta di «gravi irregolarità contabili» presso l'azienda britannica. Da allora Lynch si è impegnato attivamente nella difesa della sua reputazione. Sotto la guida di Lynch, Autonomy ha avuto un successo significativo, diventando una delle principali società tecnologiche del Regno Unito. Nel 2011, Autonomy è stata venduta alla multinazionale Hewlett-Packard (HP) per circa 11 miliardi di dollari, ma la vendita è diventata controversa quando HP ha accusato Lynch di frode contabile, sostenendo che Autonomy avesse gonfiato i suoi bilanci prima dell'acquisizione. Lynch ha sempre negato le accuse. Dopo la vendita di Autonomy, Lynch è stato coinvolto in una lunga battaglia legale con HP, che lo ha accusato di aver falsificato i conti della società per aumentare il valore della vendita. Nel gennaio 2022, un tribunale britannico ha stabilito che Lynch aveva effettivamente manipolato i conti di Autonomy, aprendo la strada alla sua possibile estradizione negli Stati Uniti per affrontare le accuse penali. Lynch ha presentato appelli contro questa decisione. Tra le vittime del naufragio dello yacht Bayesian a Porticello figura anche un esponente di spicco della finanza britannica, Jonathan Bloomer, 70 anni, presidente di Morgan Stanley International dal 2018, la controllata con sede a Londra della banca d'affari americana. A perdere la vita è stata anche la moglie Judith. Classe 1954, Bloomer si è laureato in Fisica presso l'Imperial College di Londra nel 1974. Tra il 1995 e il 2005, ha ricoperto ruoli dirigenziali di rilievo presso il gruppo di servizi finanziari assicurativi Prudential, prima come direttore finanziario e successivamente come amministratore delegato. Ha lasciato l'incarico dopo divergenze con gli azionisti riguardo alla scelta di raccogliere fondi attraverso un'offerta di diritti per finanziare l'espansione nel Regno Unito anziché in Asia. Lo scorso anno Bloomer è stato nominato presidente del consiglio di amministrazione dell'assicuratore britannico Hiscox. Secondo il suo profilo LinkedIn, Bloomer entrato in Morgan Stanley verso la fine del 2016, ha ricoperto vari ruoli dirigenziali in diversi consigli di amministrazione ed è stato partner della società di consulenza fiscale Arthur Andersen. Tra il 2006 e il 2012 ha lavorato come partner per la società di private equity Cerberus European Capital Advisors, mentre dal 2000 al 2005 ha ricoperto la carica di amministratore delegato presso il gruppo assicurativo Prudential, prima di essere rimosso dal consiglio di amministrazione nel 2005 per presunti errori a lui imputati. Negli anni è stato a capo di diverse società legate al mondo assicurativo, tra cui Scottish Re tra il 2007 e il 2012, con l'incarico di presidente, e Lucida di cui è stato ceo per sette anni. È tra i fondatori della società immobiliare Change Real Estate. Il settantenne è amico di Mike Lynch, il proprietario dello yacht scomparso insieme alla figlia diciottenne Hannah. Bloomer è stato chiamato a testimoniare nel processo per frode negli Stati Uniti contro Lynch, conclusosi due mesi fa con la sua assoluzione da parte della giuria di San Francisco, in quanto aveva guidato il comitato di revisione contabile di Autonomy, la società di software di Lynch accusata di aver falsificato i ricavi in modo fraudolento prima della sua acquisizione da parte di Hewlett-Packard nel 2011 per 11 miliardi di dollari. L'avvocato americano Chris Morvillo e sua moglie Neda hanno perso la vita in seguito al naufragio del superyacht Bayesian al largo di Palermo. Come spiega la Bbc, Morvillo ha lavorato su casi di corruzione di alto profilo e ha guidato il team di avvocati che ha portato alla recente assoluzione del magnate britannico Mike Lynch dalle accuse di frode negli Stati Uniti. Secondo alcune fonti il viaggio a bordo del veliero era proprio per celebrare la recente assoluzione di Lynch dopo dieci anni di battaglia legale. Dal 1999 al 2005 Morvillo è stato procuratore aggiunto degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York. In questo ruolo ha lavorato alle indagini penali relative agli attacchi terroristici del 2001 al World Trade Center. Dal 2011 è socio dello studio legale Clifford Chance di New York. La moglie dell'avvocato Chris Morvillo, Neda è stata ritrovata senza vita. La donna era una designer di gioielli e realizzava e progettava dei preziosi oggetti a New York. A perdere la vita nel naufragio è stato anche il cuoco del veliero Recaldo Thomas, che è stata la prima vittima accertata. Canadese residente ad Antigua, era lo chef di bordo.
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Quando si tratta di sbiancamento dei denti, scegliere tra Londra e Istanbul può essere una decisione cruciale. Entrambe le città offrono opzioni competitive, ma ognuna ha i suoi vantaggi unici. In questa guida completa, esploreremo le differenze e le somiglianze tra sbiancamento dei denti Londra vs Istanbul per aiutarti a fare una scelta informata. Sbiancamento dei denti a Londra: Cosa aspettarsi Sbiancamento dei denti a Londra è rinomato per i suoi elevati standard e tecnologie avanzate. La città vanta una moltitudine di cliniche dentali che soddisfano una varietà di esigenze e budget. Molte di queste cliniche sono dotate delle più recenti tecnologie di sbiancamento, garantendo risultati efficaci. Costo e Qualità A Londra, il costo dello sbiancamento dei denti può variare notevolmente. In media, ci si può aspettare di pagare tra £300 e £800 per un trattamento professionale. Il prezzo è spesso indicativo della reputazione della clinica, della tecnologia utilizzata e delle competenze dei professionisti dentali. I trattamenti di sbiancamento dei denti a Londra utilizzano tipicamente gel di alta qualità e luci LED per ottenere risultati più luminosi. Processo del Trattamento Il processo del trattamento a Londra solitamente prevede una consultazione in cui il dentista valuta la tua salute orale e discute i tuoi obiettivi di sbiancamento. La procedura effettiva dura generalmente circa un'ora e include l'applicazione di un gel sbiancante seguito dall'attivazione con una luce. La cura post-trattamento è cruciale, e la maggior parte delle cliniche fornisce istruzioni dettagliate per garantire risultati duraturi. Sbiancamento dei denti a Istanbul: Cosa aspettarsi Sbiancamento dei denti a Istanbul sta guadagnando popolarità grazie alla sua accessibilità e agli elevati standard di cura. La città è diventata un centro per il turismo dentale, attirando pazienti da tutto il mondo con i suoi prezzi competitivi e l'ottima qualità dei trattamenti. Costo e Valore Rispetto a Londra, lo sbiancamento dei denti a Istanbul è significativamente più economico. I prezzi variano generalmente tra $150 e $400, il che può comportare un risparmio notevole. Nonostante il costo inferiore, molte cliniche di Istanbul offrono trattamenti altrettanto efficaci rispetto a quelli di Londra. Questa convenienza è spesso dovuta a costi generali più bassi e a un mercato competitivo. Processo del Trattamento A Istanbul, la procedura di sbiancamento dei denti è simile a quella di Londra, con una consultazione approfondita seguita dal trattamento di sbiancamento. Molte cliniche a Istanbul utilizzano tecnologie all'avanguardia per garantire risultati efficaci. Inoltre, le cliniche turche sono conosciute per la loro cura post-trattamento completa, assicurando che i pazienti lascino con un sorriso brillante e istruzioni dettagliate per la cura successiva. Confronto tra Sbiancamento dei Denti: Londra vs Istanbul Quando si decide tra sbiancamento dei denti Londra vs Istanbul, entrano in gioco diversi fattori, tra cui il costo, la qualità e l'esperienza complessiva. Confronto dei Costi Come accennato, il costo dello sbiancamento dei denti a Londra può essere significativamente più alto rispetto a Istanbul. Questa differenza può essere attribuita a vari fattori, tra cui costi operativi più elevati e strategie di prezzo diverse. Tuttavia, è essenziale considerare che un costo inferiore non significa sempre una qualità inferiore, poiché molte cliniche di Istanbul offrono elevati standard di cura. Qualità e Risultati Sia Londra che Istanbul offrono trattamenti di sbiancamento dei denti di alta qualità. Le cliniche di Londra sono conosciute per la loro tecnologia avanzata e l'esperienza professionale, mentre le cliniche di Istanbul combinano accessibilità e tecniche moderne. Indipendentemente dalla città, è fondamentale scegliere una clinica con una buona reputazione e recensioni positive dei pazienti. Considerazioni sul Viaggio
Se stai considerando lo sbiancamento dei denti a Istanbul, dovresti tenere in considerazione anche i costi e il tempo di viaggio. Anche se Istanbul offre prezzi più bassi, dovrai considerare il costo del volo e dell'alloggio. Al contrario, optare per una clinica locale a Londra significa nessun viaggio ma potenzialmente costi più elevati. Domande Frequenti Qual è la durata tipica di un trattamento di sbiancamento dei denti? Le cliniche sia a Londra che a Istanbul offrono tipicamente trattamenti che durano circa un'ora. Questo include l'applicazione del gel sbiancante e l'uso di una luce o laser per migliorare i risultati. Ci sono dei rischi associati allo sbiancamento dei denti? Lo sbiancamento dei denti è generalmente sicuro quando eseguito da un professionista qualificato. Tuttavia, alcuni pazienti possono sperimentare una sensibilità temporanea. È essenziale seguire le istruzioni per la cura post-trattamento fornite dalla tua clinica per ridurre al minimo i rischi. Quanto durano i risultati? I risultati dello sbiancamento dei denti possono durare da sei mesi a due anni, a seconda della tua igiene orale e delle abitudini di vita. Evitare cibi e bevande che causano macchie può aiutare a mantenere il sorriso luminoso per più tempo. C'è una differenza nella cura post-trattamento tra Londra e Istanbul? Sia le cliniche di Londra che quelle di Istanbul forniscono istruzioni dettagliate per la cura post-trattamento. Queste solitamente includono l'evitare determinati cibi e bevande, mantenere una buona igiene orale e pianificare appuntamenti di follow-up se necessario. In conclusione, scegliere tra sbiancamento dei denti Londra vs Istanbul dipende dalle tue priorità, che siano costo, qualità o convenienza. Entrambe le città offrono ottime opzioni e, con le informazioni giuste, puoi prendere una decisione che soddisfi le tue esigenze e aspettative.
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Lei è Margaret. Lei è una signora distinta. È medico di base, vive nel Regno Unito, a nord di Londra. È il 1992. Parte per una vacanza in Marocco. Si affida a una guida. Sono in gruppo. La guida parla, racconta. Lei è incantata. Non ha mai sentito una voce così bella. Si volta. Lo osserva. I loro sguardi si incrociano. Si toccano. Lui è Oswald. Lui era un attore inglese. Ha girato film e serie tv. Lui ha prestato la sua voce al famoso annuncio “Mind the gap”, “Attenzione al vuoto”, che ricorda lo spazio fra treno e banchina nelle stazioni della metropolitana di Londra. Margaret e Oswald si amano. Vanno a vivere insieme. Si sposano. Vivono anni meravigliosi. È il 2007. Lui muore. Lei è persa. Sola. Il suo amore per Oswald era totalizzante. Ogni giorno Margaret esce di casa, va in stazione, si siede su una panchina e ascolta la voce del suo Oswald. Lui parla. Lei ricorda, rivive, sorride, si commuove. Se deve prendere un treno, aspetta quello successivo. La voce di Oswald le scalda il cuore. È il novembre del 2012. Margaret è seduta sulla panchina. Arriva il convoglio, accenna un sorriso pregustando il suono familiare delle parole del marito. Parte l’annuncio. Non è lui. Non è la voce di Oswald. È un suono quasi metallico. Impersonale. Anche le parole sono cambiate. Margaret scoppia in lacrime. È devastata. Si sente a pezzi. Il giorno dopo scrive una lettera ai gestori della metropolitana. Scopre che il vecchio annuncio è stato sostituito da uno digitale ricreato al computer. Margaret richiede una copia di quello registrato dal marito tanti anni prima. Vuole riascoltarlo a casa, ogni volta che ne ha voglia. Il direttore della Transport of London legge la lettera della signora Margaret McCollum. Rimane colpito. Emozionato. Regala la copia registrata alla donna, e ripristina l’annuncio originale nella stazione di Embankement. Ancora oggi, se vi capita di fermarvi in quella stazione di Londra, potete sentire la voce di Oswald Lawrence ripetere “Mind the gap”.

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Dove Mangiare a Londra: una guida in evoluzione di tutti i miei consigli
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La spettrometria infrarossa guida il trattamento del cancro Un innovativo strumento per la lotta contro il cancro Un prototipo di spettrometro a infrarossi, sviluppato presso l’Imperial College di Londra, potrebbe rivoluzionare il trattamento del cancro. Questo strumento permette ai medici di estrarre informazioni biochimiche dai campioni tumorali in modo rapido ed economico, garantendo una scelta terapeutica personalizzata. La tecnologia alla base dello spettrometro La spettroscopia infrarossa si basa sull’assorbimento di diverse lunghezze d’onda della luce infrarossa da parte delle molecole presenti nel campione. Questo approccio analitico, reso possibile dai recenti progressi tecnologici, consente di identificare specifiche molecole nelle cellule tumorali in modo preciso ed efficiente. Un’idea cresciuta nell’ambiente
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La Scultura del giorno: la malinconica Primavera di Carrier-Belleuse
La scultura del giorno che vi propongo oggi è l’allegoria della Primavera, scolpita dall’artista francese Albert-Ernest Carrier-Belleuse prima del 1868. Carrier-Belleuse a soli 13 anni già era apprendista presso una bottega orafa. Iniziò a studiare arte nel 1840 all’Ecole des Beaux-Arts nel 1840 sotto l’attenta guida di Pierre-Jean David d’Angers. Abile nel disegno, lavorò a Londra dal 1850 al…
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